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Lunedì, 28 Luglio 2014

Istanbul vista da Fatih

In questo racconto parlo di ciò che a Istanbul andrebbe visto, ma che normalmente viene saltato: il quartiere tradizionale di Fatih. Pur non essendo lontano dalle zone tipicamente turistiche, quest'area viene tracurata salvo che non ci si passi per caso. Spero che questo racconto  possa essere d'aiuto a chi vuole visitare questa bella città non solo con gli occhi di un turista.

ARTICOLO DI

Cinzi@

In questo racconto non vi parlerò di quanto siano belle la Moschea blu, Santa Sofia o la basilica Cisterna, ma di Fatih, il cosiddetto quartiere tradizionale di Istanbul. Cosa significa quartiere tradizionale?

Avevo letto di Fatih prima ancora di sapere che ci avrei dormito: ogni articolo di genere turistico sulla città ne parla, la definiscono appunto la zona tradizionale, ideale per provare la miglior gastronomia locale e dove bisognerebbe andare assolutamente per vedere il cuore autentico di Istanbul. In quasi ogni articolo però nell’invito a visitare Fatih traspare qualcosa di poco invitante. Cosa? E’ proprio quell’aggettivo “tradizionale”. Nel motivarlo si parla di “ci sono più donne velate qui che nel resto della città”, “meglio evitare effusioni amorose”, “vi sentirete gli occhi puntati addosso perché sarete tra i pochi turisti che ci sono in zona” dando al termine “tradizionale” l’accezione di meramente “conservatore”. Chi ne scrive non ci fa caso, ma l’idea che ne emerge è completamente sbagliata.

Premesso che è giusto rispettare la cultura locale ed i suoi usi, Fatih non richiede sforzi sovrumani di adattamento. Siamo in Europa, anche se si tratta di un quartiere prevalentemente mussulmano. Non abbiamo mai provato disagio, nessuno ci guardava in malo modo: Fatih ci ha accolto con calore e con ospitalità. Mi sono sentita più tranquilla e rispettata qui che non in centro, dove, come spesso non sei che un turista nella massa a cui piazzare una crociera o una visita guidata.

Uno degli usi più carini è che spesso e volentieri i locali, le fumerìe, i piccoli chioschi di kebab hanno poche tavoli all’interno e quindi si usa prender degli sgabelli e tavolini  piazzarli sul marciapiede un po’ dove si vuole. E’ un ottimo modo per veder quel che succede intorno. La nostra prima esperienza è stata la bottega di un piccolo venditore di Kebab. Mentre siamo seduti  all’esterno sui nostri sgabellini passa il rigattiere con il suo carrettino, poi un altro carretto del venditore di tappeti. Una  Seicento vecchio modello color arancione tosto  e senza targa si avvicina un po’ gradassa e si piazza sul marciapiedi.

Camminando verso il tram troviamo quella che, per i due ragazzi adolescenti che viaggiavano con me, è stata una vera e propria attrazione: il calzolaio. Il calzolaio? Direte voi. Eh sì, perché i calzolai qui lavorano per strada. Hanno una sorta di bancarella super attrezzata per fare qualsiasi cosa. Non solo lucidano le scarpe, ma le fanno pure. Rimaniamo tutti e tre in contemplazione mentre il calzolaio taglia e modella il tacco con un taglierino e si appresta ad incollarlo alla suola. Chi ha mai visto fare un tacco a mano e di per giunta per strada oggi come oggi?  In realtà non ho mai visto nessuno fare scarpe, tantomeno a mano.

Dal punto di vista culinario, i migliori Kebab pare si mangino proprio qui. Non ho mangiato tutto il kebab della città, ma la mia esperienza è stata ghiotta e deliziosa. Una sera siamo andati nei pressi dell’acquedotto di Valente in un ristorante tipico consigliato da uno dei tourleader di vagabondo. L’ayran, uno yogurt liquido dal sapore deciso (io lo associo alla feta greca come sapore)  viene servito in ciotoline di metallo e si beve usando un piccolo mestolo. I piatti di carne abbondano, non si servono alcolici. In questo ristorante ci sono un sacco di famiglie turche. Una delle mie compagne di viaggio chiede di poter avere una zuppa, che nel menù non c’è. Il cameriere prende la zuppa dal tavolo dei vicini e ce la mostra per farci capire se è quello che vogliamo, poi la rende alla proprietaria… Un po’ inusuale per noi J

Avevo sentito parlare di un dolce particolare fatto di gelato e formaggio e credo di individuarlo nel piatto di una coppia. Il cameriere vede il nostro sguardo incuriosito e in effetti ci dice che si tratta di “Ice Cream”. La coppia divertita ci sorride e ci fa segno che è molto buono. Peccato che ci siamo già alzati dal tavolo, se no lo provavo sì!

Una sera mi sono trovata prima di cena a passeggiare sola in una sorta di area commerciale tipicamente medio orientale, una sorta di mercato ma con le botteghe al posto delle bancarelle, con la merce esposta all’esterno. M è piaciuta un sacco e ci ho portato anche gli altri. Dovevamo fare un toccata e fuga e invece ci siamo rimasti un sacco per comprare zenzero, dolci e frutta secca. Sì, perché la varietà era infinita. Nella vetrina del macellaio notiamo che qui si vendono anche le teste d’agnello. Come da noi del maiale non si butta niente, qui è l’agnello a farla da padrone.

Per un paio di sere abbiamo optato di cenare in una piccola tavola calda che si trovava vicino all’albergo. La signora che ci lavorava ci aveva sentito parlare italiano mentre ammiravamo il cibo in vetrina e da subito ci aveva accolto con calore, perché lei parlava un po’ di italiano e amava molto la nostra terra. La seconda sera, dopo aver gustato delle ottime polpette, ci alziamo ed uno dei ragazzi dice “Andiamo”. Lei ha capito male e in tutta risposta ci ha lanciato un bel “Ti amo” di gruppo.

L’ultima sera torniamo in una fumeria che si trova un po’ più in là rispetto alla Fatih camii. Anche qui, siamo venuti due volte ma ci accolgono come clienti abituali. Prendiamo gli sgabelli e ci mettiamo sul marciapiedi con la nostra shisha al profumo di mela verde. Accanto a noi c’è una bella compagnia di signori e signore turche. Sono così carini che ci regalano per provarle dei piccoli frutti locali.

Insomma, la tradizione qui è di casa, ma nelle sue accezioni più buone. La gente è semplice e ti accoglie con interesse e ospitalità. Se decidete di visitare questa bellissima città, non mancate di passar da Fatih, anzi, magari di fermarvici un po’ e senza timori. Io sicuramente ci tornerò.

 

 

 

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