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Lunedì, 31 Gennaio 2005

A piedi per cinque deserti di Fabio Bertazzoni

Racconto in tre round di cinque trekking in cinque deserti: dal Sahara alla Patagonia, dal medioriente alla Namibia, con delle storie incredibili.

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Vagabondo0


Quando si parla di deserto automaticamente associamo la parola ad un luogo caldo e torrido dove dune ed orizzonte non s'incontrano mai, terre desolate senza forme di vita.

Abituati a viaggiare su comode vetture
vediamo la minima parte di quello che il deserto offre.

Io ho scelto di attraversarli a piedi, camminando da solo nel silenzio del deserto mi sono accorto di un altro aspetto, le dune che vedevo passando in macchina a piedi cambiavano fisionomia, non erano ammassi di sabbia ma forme viventi.

Il vento è il respiro del deserto senza quello tutto tace e
diventa monotono: gli insetti, mosche soprattutto, cercano in ogni modo di dissetarsi con le gocce di sudore con i sali minerali che espelle il corpo, le ammazzi e loro ricompaiono fino a quando non cala il buio.

Che tortura!

Si cammina dalla mattina alla sera, provo emozioni indescrivibili. Non esiste la stanchezza fisica, non esistono i pensieri(non si pensa a nulla), guardo e contemplo la bellezza di questi posti troppe volte catalogati come anticamera dell'inferno. Certamente non lo sottovaluto, il deserto miete vittime più di quanto si pensi; di storie sene sentono tante, da motociclisti rimasti senza benzina, da famiglie di turisti con bambini trovati esanimi, da clandestini che cercano di percorrerlo per necessità.

Rispetto e umiltà sono le due regole fondamentali per attraversarlo, e mai sopravalutare le proprie forze.

Il Sahara.

Il deserto per eccellenza in estate la temperatura raggiunge anche i 70°: una fornace. Si fatica a ragionare, a muoversi, si aspetta con ansia la notte per poter respirare, almeno si crede. Distese di sabbia e rocce, alberi che spuntano come per
magia dalla sabbia e che non lasciano scivolare la minima ombra cercando di sfuggire ai soffocanti raggi solari.

Cala il buio, improvvisamente quello che prima era un posto desolato si anima di persone che con le loro torce camminano nella notte, al mattino tutto è tornato normale, ci sono solo io.
Non trovo case, villaggi o nulla che mi spieghi da dove arrivino quelle persone e che fine fanno: ogni notte succede la stessa cosa. L'acqua è sacra: mai nessuno si rifiuta di dissetarti, forse alcuni preferiscono darti l'acqua calda e tenersi per loro quella fresca, ma non ci sarà persona nel deserto che non ti aiuterà, è una legge non scritta, ma che si tramanda da secoli e che tutti rispettano.

Alla fine di questo viaggio, dopo aver percorso quasi duemila chilometri in bicicletta mi ripromisi di non mettere mai più piede in un deserto.

Poi, dopo alcuni anni, cominciai a sentire un'attrazione per questi luoghi come mai mi era accaduto; così, ignorando la vecchia promessa, decisi di attraversare a piedi uno dei deserti più aridi della terra: l'Atacama in Cile.


l'Atacama, Cile.

Caratteristica principale è l'altitudine: da tremila metri si sale fino a cinquemila costeggiando la cordigliera delle Ande, invece di trovare il caldo torrido ci s'imbatte nel freddo "torrido".

Sempre per mantenere la mia personale regola di attraversare i deserti in estate, qui scelgo di viaggiare quando in Atacama è pieno inverno. Le temperature rigide segnano di notte i meno quindici, ma sono fortunato, poiché alcuni minatori mi dicono che la settimana prima i gradi erano meno venticinque. L'aria è frizzante a tutte le ore, camminare è un piacere, s'incontrano numerosi greggi di vigogne e lama e in aria volteggiano i condor.

La vegetazione è ricca di arbusti tipici, più si sale e più ogni forma di vita scompare, la pendenza però è minima: sembra di camminare in piano, solo dopo novanta chilometri ci si accorge che si è saliti di mille metri.

Anche questo deserto presenta un insolito viva vai di persone: minatori che si recano al lavoro nelle miniere sperdute dell'Atacama, due, a volte tre macchine al giorno, che corrono a forte velocità sulle piste; solo una volta si sono fermati, forse incuriositi, non hanno resistito.
Mi avvertono che è facile imbattersi nei puma, spaventato domando se attaccano l'uomo: finora no! Hanno parecchia selvaggina di cui cibarsi.

La notte è costellata da centinaia di stelle che per effetto dell'altitudine sembra di toccare con un dito: uno degli spettacoli più belli che abbia mai visto nel deserto. Al termine del viaggio ho percorso circa 350 chilometri in sei giorni; per viaggiare più veloce avevo deciso di non portare tende, né sacco a pelo né scarponi: il mio abbigliamento era formato esclusivamente da una tuta in terinda e un pullover in cotone, con ai piedi un paio di scarpe da ginnastica, che non ho mai levato dopo il primo giorno, perché di notte si ghiacciavano a tal punto che la mattina dovevo aspettare il sole per infilarle.


Damaraland, Skeleton Coast (Namibia).

Il Damaraland è famoso per le incisioni rupestri del Brandeberg, più di diecimila.

Anche la vicina Twelfontein merita una visita, con la sua foresta pietrificata.

La pista che si snoda fino alla Skeleton Coast è veloce, solo in alcuni tratti si trova la sabbia molle per il resto è compatta, le salite sono poche, anche qui è quasi tutto un unico pianoro. Per questo viaggio ho dovuto costruire un carretto per trasportare l'equipaggiamento in quanto, a parte due pozzi dislocati nei 400 chilometri di percorso, non vi si trova nulla, l'acqua
rimane sempre il problema principale per un viaggiatore solitario.

Prima della partenza un ranger mi domanda se sono armato. Meravigliandosi per la risposta negativa mi dice di fare molto attenzione alle iene: le brune non sono molto pericolose, ma le maculate attaccano anche l'uomo.

Pian piano ci si allontana dal caldo e si inizia a scendere verso il mare, il caldo scompare per lasciare spazio ad una timida brezza. Arrivo alla Costa degli Scheletri avvolto in una densa nebbia, nebbia che mi accompagna tutte le mattine e i pomeriggi.

La Costa è famosa per la riserva di otarie, ma anche perché vi sbarcò il primo europeo il portoghese: Diego Cao.

Le iene non le ho incontrate, solo un paio di sciacalli mi hanno seguito per venti minuti.


Il Richtersveld, deserto del Sud Africa al confine con la Namibia.

Un tipico deserto montagnoso, aspro e duro in ogni senso, situato all'interno di un parco nazionale: occorrono degli speciali permessi per visitarlo poiché sono presenti numerose miniere di diamanti.

Lambito dal fiume Orange, è l'ultimo rifugio dei Nama, gli antichi pastori nomadi che colonizzarono queste terre. Il mio intento è di raggiungerli, ma il permesso concessomi è solo per cinque giorni. Arrivo ad un accampamento disabitato, dove rimangono solo gli scheletri delle capanne. In seguito il ranger mi dirà che anche oggi usano spostarsi di continuo e che anche per loro è difficile vederli.

Il deserto si apre in una vallata, si stringe di colpo, salendo tra rocce e montagne, poi improvvisamente la pista scende vertiginosamente fino a raggiungere una piana di sabbia e arbusti.

Il ricordo più bello in questo deserto è stato un temporale che, iniziato alle sei di sera, è terminato a mezzanotte, per sei ore incessanti tuoni e lampi hanno rischiarato le
piane dando un aspetto sinistro e tetro, la pioggia è caduta solo per tre minuti.


Wadi Rum, Giordania.

il deserto di Lawrence d'Arabia. Giordania.

Affascinato dalle letture di Lawrence, decido di visitare il deserto dove lui ha
vissuto e abitato, tutt'ora ci sono i resti della sua casa, da cui dominava
la piana.

Il Deserto rosso, come è soprannominato, è ilpiù bello in
assoluto che abbia mai visto, quando il sole cala la luce crea
spettacolari giochi di luce sulla sabbia e tutto si colora di tonalità rosse.

Tipico deserto di sabbia e rocce, si sprofonda ad ogni passo, l'equipaggiamento tutto in spalla nello zaino, 70 chili di peso e un'autonomia di cinque giorni.

Sembra di viaggiare all'interno di un labirinto, canyon che s'intrecciano di continuo e che fanno perdere la cognizione dello spazio, la cartina che vendono all'ufficio turistico è inesatta, fatta apposta per obbligare i turisti ad assoldare le guide beduine.

La temperatura a mezzogiorno segna i 60 gradi, il penultimo
giorno decido di camminare nelle ore centrali della giornata quando il caldo è al suo maggior apice invece di riposare come avevo sempre fatto.

Da mezzogiorno fino alle tre ininterrottamente, gli unici compagni di
viaggio sono due rondini (del deserto) che mi seguono volando
raso terra per quasi tutto il tragitto.

Un detto tuareg dice: "meglio vedere con i propri occhi che con gli occhi altrui."

Top of page!



Affascinati dalle sue esperienze raccontate così sobriamente, abbiamo chiesto a Marco Bertazzoni di darci qualche dettaglio pratico in più, per chi volesse provare ad imitarlo.

Ed ecco quanto ci ha scritto:

1) Deserto del Sahara: Algeri-Tamanrasset.

Il percorso si snoda lungo tutta l'asse nord-sud dell'Algeria per un
totale di 2000 chilometri. Il viaggio, in bicicletta, èstato effettuato
nel mese di agosto la temperatura media 50° con picchi di 70° nell'oasi di
Ain shalah. Ho percorso circa 800 chilometri su strada e 1200 su piste, co una
bicicletta da corsa con telaio rinforzato e copertoni da un quarto.
L'equipaggiamento: due borracce da un litro, tenda, sacco a pelo,
medicinali vari, kit di riparazione per la bicicletta ecc.

2)Deserto dell'Atacama: San Pedro-Cholchane.

Data l'altitudine (si parte da 2500 metri per arrivare a 5250), è necessario un breve periodo di acclimatamento a San Pedro.
Se non si è allenati fisicamente alle temperature rigide (-15°/25° +5°) di questi
luoghi, meglio evitare di effettuare l'escursione in inverno, come ho fatto io.

Per l'equipaggiamento il mio consiglio è che più materiale si porta più la
marcia è rallentata, quindi ho preferito portare il
minimo indispensabile: vestiario leggero: niente tenda, né sacco a pelo,
pentolame, scarponi e doppie scarpe. Il peso totale dell'equipaggiamento
zaino compreso era di nove chili. Questo mi ha permesso di effettuare
tappe di 60 chilometri ogni giorno.

Chi fosse interessato a questo itinerario non richieda permessi alla polizia perché non li rilasciano.

Dopo un centinaio di chilometri si trova un posto di blocco militare, se
si arriva di notte ti obbligano a fermarti e a proseguire il mattino dopo.
All'alba, bisogna attraversare un campo minato c'è un solo cartello per i
circa dieci chilometri (non è uno scherzo).

Le cartine sono molto approssimative e inesatte non servono praticamente a nulla. Unici punti d'appoggio sono le varie miniere dislocate lungo i 350 chilometri di percorso.


3)Damaraland e Skeleton Coast. Namibia.

Non occorrono permessi particolari, la pista è ben segnata ma esistono solo tre pozzi per rifornirsi d'acqua, per trovare due dei quali bisogna addentrarsi nell'interno uscendo dalla pista.

Fare attenzione ai consigli dei locali: per loro un chilometro
è mezza giornata di viaggio. Altra precauzioni riguardano gli animali: iene e
elefanti. Non è raro sentire storie di turisti europei ammazzati da questi
animali. Quando si raggiunge la Skeleton Coast si viaggia molto bene su
una strada di sale indurito come l'asfalto, c'è possibilità di nebbia per
tutta la costa.

L'equipaggiamento: in questo viaggio ho usato per coprire
i 450 chilometri di deserto (in 8 giorni) un carretto per trasportare 50
litri d'acqua e 20 kg di materiale.

La Namibia da quest'anno è entrata
nella cerchia di paesi a rischio per il turismo, la zona è a nord e
interessa la fascia dell'Etosha Park fino al deserto. Gruppi di banditi,
mercenari ex congolesi razziano e uccidono.

4) Sud Africa, deserto del Richtersveld a nord al confine con la Namibia.

E' un parco nazionale ed è impossibile attraversarlo a piedi o in bicicletta, occorrono permessi
speciali che le autorità non rilasciano se non con opportune conoscenze. Io ho
potuto attraversarlo a piedi grazie all'interessamento di una giornalista
Italo-sudafricana che aveva alte conoscenze in Sud Africa. Altrimenti è visitabile
come un qualsiasi parco in automobile, rispettando le regole dei ranger,
non è possibile dormire al di fuori dei lodge; ciò è dovuto alla
presenza di numerose miniere di diamanti.

5)Wadi Rum, Giordania.

Deserto situato a 100 chilometri da Aqaba nel sud, al confine con l'Arabia Saudita.
Da Amman usiamo i mezzi pubblici, corriere o taxi collettivi.

Il deserto a
mio avviso merita, ma sconsiglio di passarvi più di un giorno a chi non sia proprio un amante di questi luoghi.

In genere le visite con le guide durano una trentina di minuti e sono molto costose, dopodiché a parte il
bar e due negozietti da visitare non si ha nulla da fare. Meglio procurarsi delle cartine dettagliate in Italia prima di partire, evitare quella dell'ufficio turistico serve solo a far confusione.

E' un deserto caldo, a parte alcuni accampamenti di beduini non c'è assolutamente possibilità di
reperire l'acqua. Consiglio di fare sempre tutte le vaccinazioni del caso: colera, tifo, epatite, antirabbica. Portare sempre dei forti antidiarroici, se non si è abituati evitare di bere acqua dei pozzi o mangiare cibi locali o con beduini.

Top of page!



Dopo queste precisazioni siamo ancora rimasti un po' perplessi dal rapporto tra tempi e distanze percorse e gli abbiamo chiesto quante ore al giorno cammina.

Ed ecco la sua risposta:


Le ore in cui cammino sono tutto il giorno e parte
della sera, dipende, non seguo una tabella specifica.

La giornata in genere si svolge in questo modo: sveglia alle 5/6, partenza senza
colazione, dopo tre ore di cammino una sosta di massimo 5 minuti, poi via di
nuovo fino a mezzogiorno l'una. Pausa di un'ora con relativa preparazione
pranzo e poi di nuovo fino a sera 21/22. Monto la tenda se c'è l'ho
altrimenti mi sdraio per terra e dormo, magari prima finisco il pranzo del
mezzogiorno. In genere un pasto, come ad esempio una busta di riso o due
già pronte, è sufficiente, alle volte anche di meno, ciò è dovuto dalla
tensione psicologica.

Comunque sono una persona normalissima, è solo una
questione mentale: mi alleno al massimo due tre mesi prima di partire, e
faccio dei test per vedere il grado di allenamento, stop.

Puoi avere muscoli e fisico statuario, ma se non sei allenato mentalmente scoppi in un giorno, è la mente che ha bisogno di essere allenata di continuo non il
fisico. Anche perché se provi a fermarti nel deserto nelle ore di punta
quando ci sono 50/60° (che non sono i nostri in Europa, lì siamo sempre
sotto il tropico del Capricorno e alle 8 di mattina il sole è come dai noi
alle 13 a ferragosto), impazzisci in dieci minuti, se non hai il cervello
allenato, senza ombra, dentro la tenda chiusa per evitare che entrino le
mosche (e sono tante), disteso per terra ad aspettare che passi il momento
critico di caldo. Meno ci si ferma meglio è, in questo modo tieni una
media di 6 Km all'ora, se parti alle sei di mattina arrivi alle 4/5 che
di strada ne hai fatta, e hai ancora luce per andare avanti. E' vero che
descrivo poco l'equipaggiamento, ma viaggiando da solo ogni chilo in più sono io che lo devo portare, siccome in precedenti esperienze di viaggio
immancabilmente buttavo via chili perché erano troppi, ho iniziato a
risparmiare e a adattarmi alle varie condizioni climatiche eliminando
tutto il superfluo.

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